Abbiamo qui individuato alcune aree di intervento privilegiate del RSM:
Il mondo musicale e la coralità
La scuola
La società
L’autismo e l’intervento nei contesti di difficoltà emotivo-relazionali
Il contesto psicoterapeutico
Disabilità e fragilità
Il mondo musicale e la coralità
E’ naturale supporre che le persone impegnate nell’esecuzione di un brano musicale all’interno dello stesso organismo entrino spontaneamente in una relazione di scambio affettivo e comunicativo. Nondimeno, un’indagine più approfondita delle dinamiche interne a un coro, un’orchestra o un gruppo musicale suggerisce alcune osservazioni più precise e calzanti in relazione al RSM.
Superando i semplici concetti di sintonizzazione, assieme ritmico e melodico, sguardo e attenzione condivisa – aspetti che potremmo definire relativi alle armonie esterne
(Guiot/Meini, Cantare in armonie, AR-TÉ, 4, 31-51, 2009) – vi può essere spazio per la considerazione di tutti gli altri elementi che definiscono la partecipazione individuale all’attività del gruppo e che potremmo definire armonie interne (ibidem): respirazione, coordinazione, controllo di sé, competenza vocale.
Le armonie che vengono definite “interne” sono quelle relative alla persona, alla sua capacità di esprimersi musicalmente secondo il suo equilibrio e, in definitiva, alle sue competenze vocali. Le armonie definite “esterne” indicano invece il percorso che diverse persone devono compiere per raggiungere un’armonia condivisa: l’intonazione, la ritmica, l’intenzione espressiva.
I due tipi di armonia possono facilmente essere dissociati, persino in situazioni di grande competenza canora. Senza una grande disponibilità personale all’ascolto e alla condivisione, persino un coro di persone diplomate in canto sarà composto di voci perfette ed efficienti – ricche di armonie interne – ma incapaci di trovare un amalgama timbrico ed espressivo che le porti allo sviluppo di una competenza comune – voci povere di armonie esterne, quindi. Solo un perfetto equilibrio tra queste due categorie di armonie condurrà quindi a esecuzioni di perfetta riuscita emotiva, dove la comunicazione con il pubblico sarà davvero emozionato e ricco di forme vitali. Quando ciò non accade, le esecuzioni potranno sì raggiungere un alto livello tecnico e stilistico, una notevole pregevolezza interpretativa, ma saranno prive di quella “magia” che solo raramente si ottiene e che risulta straordinariamente premiante per esecutori e pubblico.
La scuola
Alcune considerazioni relative al RSM possono essere spese anche rispetto alle numerosissime esperienze di canto e di educazione musicale realizzate nella scuola. Pensiamo alla (tutto sommato recente) costituzione di cori e orchestre di scuola primaria e di scuola secondaria, senza dimenticare l’insostituibile attività musicale all’interno delle singole classi.
Accanto ai tradizionali temi dell’educazione musicale (dall’educazione dell’orecchio all’invito a sperimentare, dall’educazione all’ascolto alla pratica vocale e strumentale), RSM invita a prestare attenzione a uno sviluppo globale della capacità di mettersi in relazione con le altre persone del gruppo tramite il suono e la condivisione dell’attenzione, la percezione dell’altro, l’attenzione a quegli aspetti posturali e fonologici che consentono l’attivazione di risonanze.
Avvicinandosi al RSM, gli insegnanti della classe, gli insegnanti di musica e gli insegnanti di sostegno possono superare la concezione dell’attività musicale come disciplina a sé, vedendola invece come uno strumento espressivo e relazionale che mira più a costruire e consolidare il gruppo-classe o l’organismo musicale che a sviluppare specifiche competenze tecniche.
La società
Negli ultimi anni si registra un considerevole incremento di attività vocali e corali, quasi ai confini tra il canto corale strutturato e organizzato e il canto libero e spontaneo, seppur agito in contesti gruppali più o meno definiti. Questo diffusissimo “fare coro” sostituisce forse un’attività di canto libero piuttosto comune in passato (legata ad esempio alle attività di lavoro all’aperto o ai cosiddetti “mestieri”), oppure un canto connesso a una ritualità.
E’ un dato di fatto che molte persone oggi si ritrovino con una certa regolarità per cantare in gruppo, legate tra loro dai motivi più disparati: il coro aziendale, i genitori di una scuola, il gruppo di persone legate a un territorio, le persone legate tra loro da una comune identità culturale o dallo sviluppo di un progetto.
RSM è sicuramente molto consonante con questa concezione del canto. Tende infatti a far emergere e sviluppare le radici emotive e relazionali puntando sui meccanismi di ascolto, di imitazione e di rispetto dello “spazio vocale” dell’altro; andando al di là di un semplice incoraggiamento al canto individuale o alla libera aggregazione, e superando anche proposte già completamente definite (pensiamo alle varie forme di “open singing”, al karaoke, ai concorsi di canto solistico per grandi e piccini…), RMS propone invece esperienze di condivisione, privilegiando il raggiungimento di una forma di equilibrio tra i bisogni individuali di espressione e il contesto del gruppo.
In questo paragrafo dedicato alla “società” è inoltre opportuno citare le (numerose) attività espressive dedicate alla terza età. Pur non appartenendo a fasce da considerare fragili, la scoperta di una sana attività espressiva vocale da parte di persone anziane può risultare preziosa per stimolare attenzione e memoria, attivare il corpo, curare dell’umore e più in generale mantenere una efficienza espressiva e (ri)prendere voce da parte di persone che, con l’uscita dal ciclo lavorativo, troppo sovente si sentono emarginate socialmente e culturalmente.
L’autismo e l’intervento nei contesti di difficoltà emotivo-relazionali
In questo ambito, RSM riconosce tutto il suo debito intellettuale verso il modello DIR-Floortime.
Persino nelle persone colpite dalla più severa tra le patologie infantili legate alle sfere emotiva, empatica e relazionale – l’autismo – l’attenzione e il piacere per la musica generalmente non vengono meno, ma al contrario rappresentano una preziosa occasione per promuovere il coinvolgimento sociale.
Nel libro
Autismo e musica abbiamo cercato di mostrare come, a condizione di rispettare scrupolosamente quelle peculiarità individuali nell’elaborazione degli stimoli sonori che nel caso di autismo possono essere davvero significative, l’attività musicale possa promuovere l’orientamento attentivo spontaneo, la coordinazione, la vocalizzazione in risposta, l’anticipazione. La musica pare dunque favorire l’innesco di quei processi percettivi e cognitivi per i quali alle persone autistiche manca una propensione naturale.
Ma la musica può anche trasmettere efficacemente emozioni. La letteratura sperimentale ci presenta bambini con disturbo dello spettro autistico che sono in grado di accoppiare brani in modalità maggiore o minore con disegni schematici di volti allegri e tristi, così come bambini e adulti che spontaneamente tendono a servirsi della musica per modulare l’umore. La nostra esperienza osservativa, condotta secondo le linee guida del modello DIR-Floortime con la supervisione della dott.ssa Maria Teresa Sindelar, ci ha insegnato che la musica può far ben altro. Laddove il contatto interpersonale può incutere timore e ritiro, l’incontro con il suono può invece fornire uno stimolo più facile da gestire e utilizzare per stare bene con gli altri e comunicare con loro in modo spontaneo ed emotivamente ricco.
La riflessione sul canto e sulla melodia al cuore del RSM non può che arricchire questa esperienza, aiutando le persone colpite da diverse patologie dell’emozione e della comunicazione a entrare con ancor più energia e beneficio nel magico mondo del suono e della relazione.
Il contesto psicoterapeutico
La fruttuosa collaborazione tra Cantabile onlus di Torino e l’istituto dell’IMEPS (Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica) di Napoli ha portato alla costituzione di un protocollo d’intervento utilizzato in primo luogo come strumento esplorativo e diagnostico del sistema familiare. Il percorso di assessment è articolato in quattro sedute, durante le quali il terapeuta propone esperienze canore al gruppo familiare osservandone le dinamiche .
Il protocollo basato sul RSM può anche essere inserito in un percorso terapeutico già definito e avviato, in particolare nel setting individuale di un bambino. Soprattutto nei contesti riabilitativi, il bambino problematico è oggetto di molti interventi, ma la famiglia è relegata sullo sfondo. Per le sue peculiarità esperienziali e ludiche, RSM viene vissuto positivamente dalla famiglia, che può così avvicinarsi a un percorso non colpevolizzante e capace di offrire sollievo.
Per una descrizione più completa di questo contesto applicativo del RSM rinviamo alla pagina dedicata del sito dell’IMePS e soprattutto alla lettura del libro Il pentagramma relazionale. Le forme vitali nella psicoterapia familiare e di coppia.
Disabilità e fragilità
Se RSM è stato sviluppato e strutturato guardando soprattutto alla ricerca e alle esperienze relative all’autismo e al contesto psicoterapeutico, ciò non esclude che i suoi presupposti possano essere applicati più in generale al mondo della disabilità e della fragilità. Fragilità emotiva e relazionale, come si è visto, ma anche difficoltà di espressione vocale ed emotiva legate a disabilità fisiche, mentali, relative al linguaggio e alla comunicazione.
In molti centri socio-terapeutici, comunità, residenze famigliari e gruppi nati all’interno di servizi di neuropsichiatria o di attività legate ad associazioni, si è potuto constatare non solo che la musica costituisce uno strumento primario per sviluppare progetti di aggregazione e di benessere, ma anche che un certo modo di proporre attività con la voce o con gli strumenti può promuovere il miglioramento della relazione nel gruppo di persone disabili, tra le persone e i loro caregivers e all’interno della struttura sanitaria più in generale, anche in una prospettiva di coinvolgimento delle famiglie.
L’attenzione ai capisaldi del RSM può orientare operatori e responsabili di struttura alla costruzione di buone pratiche espressive musicali che escano dalla pur preziosissima strutturazione di laboratori, connotandosi come proposta globale di carattere relazionale che coinvolga tutti i protagonisti di un progetto complesso.